Il 5 maggio 1952 la geologa invitò Edith Ebers invitò i rappresentanti dei Paesi alpini nella città bavarese di Rottach-Egern per elaborare insieme una serie di linee guida internazionali a tutela delle Alpi.
In quegli anni, finita la ricostruzione postbellica e agli inizi del boom economico, si parlava di deviare i fiumi o costruire un faro sul Cervino, funivie dappertutto e alberghi rotondi sulle vette.
Erano progetti che circolavano in Francia e in Italia. Un modo per “addomesticare” le montagne. Chi non conosce la storia, ci ricasca anche oggi.
Da quell’incontro nacque la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione della Regione Alpina) che dal 1983 ha sede in Liechtenstein, geograficamente il paese più integralmente alpino d’Europa.
Da una visione della società civile che sulle Alpi doveva essere equilibrata e “sostenibile”, quarant’anni dopo è nato un trattato internazionale vincolante: nel 1991 gli Stati alpini e la Comunità Economica Europea (CEE) firmarono la Convenzione delle Alpi, che è entrata in vigore nel 1995.
Da 70 anni la CIPRA si batte per una buona vita di uomini, piante e animali nelle Alpi. L’obiettivo è quello di mettere in contatto le persone, superare le frontiere, proteggere uomini e natura.
Palmeti fin sulla cima delle montagne, villaggi alpini digitalizzati, estinzione delle api: come potrebbe essere la regione alpina di domani?
Potrebbe essere anche pascoli alpini che forniscono cibo; alberi che generano un microclima gradevole; paesaggi alpini che guariscono ed emozionano.
Dal 1995 al 2004 è stato presidente di CIPRA International il mio amico vallesano Andreas Weissen, originario della valle di Binn, a nord delle Alpi Lepontine, dietro all’alpe Devero. Quando viene a trovarmi una volta l’anno, beviamo un bicchiere e parliamo di “visioni lunghe” sul futuro delle nostre montagne. Sì, perché le Alpi hanno bisogno di idee buone e lungimiranti, ma anche di gambe e muscoli per portarle avanti. Ci lasciamo sempre con un fardello in più da portare.
© Paolo Crosa Lenz